Il mio elogio funebre

Scrivere il proprio elogio funebre per un colloquio? Yep.

Avete presente i funerali made in USA? Quelli in cui i parenti del defunto si dilungano in un elogio funebre durante la cerimonia? Quella cosa che qui non si è mai vista e quando ti capita pensi “Ma che è?”. Ecco.

Prova di scrittura dell’altro mondo

A febbraio 2019 mi sono candidata come junior copywriter per Meloria comunicazione. Primo colloquio: tutto ok. Secondo step? “Scrivi il tuo stesso elogio funebre”, mi hanno detto.

Superato il momento di shock, è stata l’ora della risata sinceramente divertita. Ilarità che ha lasciato il posto a un misto di rabbia (con me stessa) e sconforto quando, dopo una decina di tentativi, ancora non avevo prodotto nulla di interessante.

Non ricordo di preciso il numero di beta-reader selezionato per quel breve testo… 5? 6?
Proprio da una delle mie cavie è infine giunto il suggerimento migliore di tutti: “Sei la persona più sarcastica che conosco”.

Bene, dunque. Mi darò al sarcasmo.

Il mio elogio funebre

Di solito ai funerali si dice che il morto in questione non avrebbe voluto vedere il proprio pubblico piangere. Conoscendo Veronica, non è questo il caso. Se è qui tra noi, ora, sarà certamente super offesa nel vedere il signore in terza fila a sinistra che non ha ancora usato il suo bel fazzoletto di lino neanche una volta. Me la vedo: seduta qua, vicino al prete, che borbotta di come se non ti interessa del morto, tanto valeva rimanere a casa tua!

Non perdeva mai l’occasione di far sapere al mondo esattamente ciò che pensava.
A volte si sforzava – lo faceva davvero! – per non lasciar trapelare qualcosa ma la sua faccia viaggiava su un binario autonomo: di solito finiva con Veronica che stava zitta ma che i suoi occhi parlassero per lei.
E quanto era testarda! Amici e parenti tutti: non ho mai conosciuto un essere umano più testardo di lei. Ho quasi paura della sua reazione se questo mio elogio non dovesse piacerle…
Quindi è forse meglio farsi un po’ seri.

Veronica era una persona molto strana. Non scorderò mai il modo assurdo con cui veniva vestita al liceo. O le sue folli, bizzarre idee e i suoi irrealizzabili progetti.
Era particolare, Veronica. E certamente non le spiacerà se la descrivo in questo modo, perché una delle cose che la spaventavano di più era di essere considerata ordinaria, banale.
Pure da morta vuole farsi notare: la ricorderemo per sempre come la donna che diede una festa per la sua morte. Quella che pagò in anticipo la banda, con tanto di tromboni, tamburi e un flauto/clarinetto solitario. Quella che ci ha fatto recapitare inviti e partecipazioni per – cito – “l’evento dell’anno”.

Beh, se noi siamo obbligati per volere dell’Ospite d’onore a piangere, un po’ mi rallegro pensando che lei, questa festa, se la sta certamente proprio godendo tutta.