Parità di genere

Trovo che sarebbe molto meno discriminatorio utilizzare lo stesso termine per tutte le persone, in quanto tali, piuttosto che stabilire a priori una distinzione tra maschio e femmina.

Gironzolavo per quel di Twitter quando, ad un tratto, ho incontrato una cosa spaventosa. Un abominio degno di un post sul mio blog… Qualcosa che riguarda la tanto discussa parità di genere, su cui vorrei – ovviamente – dire la mia.

Il tweet incriminato

Il presidente Boldrini esprime con i tweet le sue opinioni sulla parità di genere.

Ebbene sì: oggi mi dedico alla nostra Presidente della Camera dei Deputati ed alla sua eterna lotta contro la lingua italiana.

Non voglio convincere nessuno ad abbracciare la mia opinione, così come non voglio fingermi una esperta di lingua o di sociologia. Non ho nessuna intenzione di affermare che la mia interpretazione sia quella corretta e che le altre siano da gettare.

Solo che mi ha stufata.

La parità di genere

La parità di genere – o uguaglianza di genere – è, almeno a quanto studiato nei vari corsi di sociologia di diverso tipo che ho frequentato, l’auspicio che non ci siano più distinzioni di sorta tra maschi femmine: auspicio perché direi ad occhio e croce che non ci siamo proprio; e distinzioni intese in ogni senso: lavorativo, di dignità, rispetto, del lavoro di cura, etc etc.

Prove a favore del fatto che la parità di genere ancora non esiste… qui

Ad esempio il fatto che molti uomini, di tutte le età, vadano fuori di testa all’idea che la propria morosa, moglie e compagna faccia… cose. Qualsiasi tipo di cose. Come andare a ballare, uscire da sola con le amiche, avere amici uomini, accettare l’amicizia di uomini sui social, prendere la macchina per farsi un giro. Insomma, ammettiamolo: sebbene – e ringraziamo il Cielo – di questi casi se ne presentino sempre meno, chi di noi non conosce almeno un uomo che non sopporta l’indipendenza della propria compagna? Io ne conosco…

Altro esempio, più macabro. Il nostro Parlamento ha dovuto introdurre il reato di “femminicidio”, distinguendo l’omicidio di una donna dall’omicidio di un uomo, a causa del fatto che (e la crisi economica incide non poco) molto uomini finiscono per uccidere mogli, fidanzate, sconosciute per cui avevano perso al testa…

Tutto questo è vergognoso; allora come possiamo evitarlo?

Qualcosa si può fare

Inutile dirlo: le donne dovrebbero mettersi in testa che, data una ben probabile inferiorità di tipo fisico rispetto ad un uomo, è il caso di premunirsi con corsi di auto difesa e aggeggini tanto simpatici come lo spray al peperoncino; armi non efficaci come un revolver… ma noi vogliamo rimanere nella legalità, giusto? Giusto.

Secondo, ma assolutamente non per importanza, ci vorrebbe un bel intervento normativo. Non chiedetemi esattamente di che tipo: non è il mio lavoro e ci sono 945 persone molto più che ben pagate per questo.
Rendere illegale ammazzare la gente, per quanto possa sorprendere, non rende più difficile che la gente uccida. In genere qualcuno che non commetta un omicidio, o che non rubi, o stupri, o anche solo appiccichi il cicles sotto i tavoli, lo fa non perché qualcuno gliel’ha vietato, ma perché gli è stato insegnato che è sbagliato; avendo assimilato la norma come regola di vita, si atterrà alla stessa.

Ciò che si deve potrebbe fare è, ad esempio, istituire i corsi di convivenza civile obbligatori fin dalla prima infanzia fino all’ultimo anno di scuola superiore (magari così evitiamo pure caz*ate fatte al volante, vandalismo e tutta un’altra seria cui la gente risponde “ehmbè?”); si potrebbe insegnare ai bambini ed alle bambine che non ci sono lavori da maschio e lavori da femmina, colori da maschio e colori da femmina, giochi da maschio e giochi da femmina, compiti da maschio e compiti da femmina; che se la mamma ha bisogno di aiuto in casa è dovere di una bambina come lo è di un bambino di aiutare, anche se significa indossare un grembiulino rosa per farlo; si potrebbe incoraggiare le bambine a giocare a calcio e i bambini ad andare a danza; e così via, in ogni ambito che vi risulti “da maschio” o “da femmina”.

Essere femmine è degradante

Se tuo figlio di chiede di poter mettere il grembiulino rosa per andare a scuola e tu gli rispondi di no, perché il rosa è un colore da femmina, gli insegnerai che per lui sarebbe umiliante essere come è una femmina.

Se tuo figlio ti dice che vorrebbe giocare con la bambola e tu gli dici che non lo può fare perché è un gioco da femmina, gli insegnerai che per lui sarebbe umiliante essere come è una femmina.

Se tuo figlio ti dice che vuole farsi il buco all’orecchio e tu gli dici di no perché gli orecchini li portano le femmine, gli insegnerai che per lui sarebbe umiliante essere come è una femmina.

Questo non significa invogliare il tuo bel maschietto ad essere “fro*io”, ma semplicemente insegnarli che se quella bambina sto giocando con la bambola, si veste di rosa o porta gli orecchini, non è meno degna di rispetto di un maschio, che queste cose non le fa. Significa non insegnargli che le femmine hanno un loro posto preciso nella società e che devono rispettarlo. Significa crescere un bambino che un giorno sarà un uomo che non si farà problemi a preparare la cena mentre la moglie è ancora a lavoro, che chiederà il permesso di paternità per stare con i suoi figli e non sfiancare la propria compagna, che non vedrà come un affronto alla propria virilità il fatto che la fidanzata guadagni più di lui.

Significa crescere un bambino che non diventerà un uomo violento, uno psicopatico che ammazza, picchia, umilia, istiga al suicidio una donna.

Ok… ma cosa c’entra la Boldrini?

Ottima domanda; mi sono fatta prendere la mano.

Il fatto è che sono questi, a parer mio, gli interventi necessari e doverosi per promuovere l’uguaglianza di genere in Italia e non, come non si stanca mai di ripetere il nostro Presidente, il femminilizzare tutti i termini femminilizzabili – e non – del nostro dizionario.

Sono donna, fiera di ciò che sono, fiera delle mie idee e assolutamente determinata a battermi per ottenere una parità totale.
Mi rifiuto categoricamente di utilizzare i termini “sindaca”, “architetta”, “ingegnera” od “inviata”.

Esattamente come non cambierei mai i termini “pilota” in “piloto”, “giornalista” in “giornalisto” o “insegnante” in “insegnanta” o “insegnanto”.

Trovo, ed è una mia opinione personale, che sarebbe molto meno discriminatorio utilizzare lo stesso termine per tutte le persone, in quanto tali, piuttosto che stabilire a priori una distinzione tra maschio e femmina.

Il sindaco Rossi… Mariangela.
L’avvocato Bianchi… Agata.
L’ingegner Verdi… Maria.

Questa è parità.

Vi lascio con questo video… è illuminante, e non solo perché questa bambina ha un adorabile accento inglese.

https://www.youtube.com/watch?v=9R1Pf7zFHFI